La vita è fatta di tanti momenti e, se ci fermiamo a pensare alle nostre giornate, ci sarà semplice valutare che gran parte di esse le passiamo a lavoro. Indipendentemente dal lavoro che viene svolto arriva un momento in cui l’avanzare dell’età ci porterà a dover abbandonare la vita lavorativa. Questo è anche il momento in cui, presumibilmente, si vorrebbe accedere alla pensione.
La situazione pensionistica in Italia però sappiamo tutti che non è delle più rosee. L’età pensionabile infatti viene sempre di più allungata e contemporaneamente l’assegno mensile si assottiglia.
Cosa significa questo in poche parole?
Che andremo in pensione sempre più tardi e con assegni sempre meno cospicui.
Non è una tendenza esclusivamente Italiana, in almeno 20 dei 38 Paesi OCSE l’età di pensionamento è destinata infatti ad aumentare: l’Italia, dai 62 anni dovrà infatti passare con il tempo ai 71.
A questo c’è una soluzione?
Sì! Si chiama previdenza integrativa.
Cos’è la previdenza integrativa?
Con previdenza integrativa integrativa si intende una forma di risparmio pensionistico privato, che si aggiunge al sistema nazionale di previdenza sociale (la pensione di base del regime pubblico obbligatorio).
Lo scopo della previdenza integrativa è quello di contribuire a mantenere un tenore di vita adeguato anche dopo il pensionamento, in un regime tutelato e fiscalmente vantaggioso.
L’importanza del tempo
La futura rendita pensionistica integrativa sarà tanto più solida e cospicua quanto prima si comincia a edificarla.
Previdenza integrativa: i vantaggi fiscali
Nel momento della dichiarazione dei redditi ci sono voci che si possono detrarre, questo significa che andranno ad abbassare l’imposta computata, e ci sono voci che è possibile dedurre, non confluendo proprio nel calcolo del reddito imponibile. I versamenti al fondo pensione sono deducibili fino a un massimo di 5.164 euro all’anno. Inoltre dopo 15 anni di partecipazione al fondo pensione, l’aliquota del 15% scende dello 0,30% all’anno, fino al 9% dopo 35 anni di partecipazione.
Come vengono tassati i rendimenti?
I rendimenti finanziari delle forme pensionistiche sono tassati con un'imposta sostitutiva del 20% (ad esclusione della quota dei rendimenti che deriva dall'investimento in Titoli di Stato o titoli simili che è assoggettata a un’aliquota del 12,5%).
L’aliquota è dunque inferiore a quella prevista per altri strumenti di risparmio o investimento (inclusi i conti di deposito), pari al 26%.
Oltre all'imposta sui rendimenti, le forme pensionistiche sono esenti dall'imposta di bollo dello 0,20% del capitale maturato che si applica a tutti gli altri prodotti d'investimento.
Quello che si versa rimane vincolato fino alla pensione?
No. Al passare dell’ottavo anno di partecipazione al fondo pensione, è possibile richiedere:
• fino al 75% di quanto accumulato per comprare oppure ristrutturare la prima casa per sé, il coniuge o i figli;
• fino al 30% per qualunque esigenza (avviare un’attività, finanziare un corso di formazione e via dicendo);
• fino al 75%, in qualunque momento, per importanti spese mediche.
RITA, pensione con rendita fino a 10 anni di anticipo
Veniamo ora al nocciolo della questione: la RITA.
La RITA (acronimo di Rendita integrativa temporanea anticipata) è uno strumento - introdotto dall’articolo 1, commi 168 e 169, della legge 205/2017 - che consente di anticipare la liquidazione della pensione integrativa.
Cosa significa questo?
Che se hai un fondo pensione e necessiti di un’erogazione anticipata, se rientri nei canoni previsti dalla legge, allora potrai usufruirne prima del raggiungimento dell’età pensionabile.
Da non confondere quindi con un anticipo dell’età pensionabile. Con questo provvedimento infatti l’età della pensione resta la medesima ma si potrà accedere in anticipo all’erogazione della sola pensione integrativa, indipendentemente da quanto previsto dall’accordo iniziale stipulato con il fondo.
Pensione con RITA: chi sono i destinatari
Chi ha perso il lavoro in età avanzata e ha difficoltà a trovare un nuovo lavoro, ricollocarsi a 50 - 60 anni potrebbe infatti non essere semplice, può prendere in considerazione l’idea di andare in pensione grazie a RITA.
I requisiti sono almeno 5 anni di partecipazione a una forma pensionistica complementare e alternativamente:
cessazione dell'attività lavorativa
maturazione dell'età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i 5 anni successivi
requisito contributivo complessivo di almeno 20 anni nei regimi obbligatori di appartenenza
oppure
inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 24 mesi
maturazione dell'età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i 10 anni successivi
Negli anni che separano il contribuente alla maturazione dei requisiti per la pensione non è essenziale il mantenimento dello stato di disoccupazione. Anche dopo – e durante – il riconoscimento della RITA, quindi, è possibile tornare a lavorare, a patto che il Fondo di appartenenza che eroga la rendita non preveda delle regole differenti.
Pensione con RITA: conviene?
Per quanto riguarda questo punto è sempre bene fare le opportune valutazioni infatti, riscuotendo in anticipo il capitale maturato, si andrà a ridurre proporzionalmente la quota che il lavoratore avrebbe percepito al momento del raggiungimento della pensione di vecchiaia.
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